In Santa Marta il richiamo alla parabola del Figliol prodigo. «Il Signore non si stanca mai di perdonare»

«Un Padre misericordioso che fa festa quando torniamo»

PAOLO PITTALUGA
C’é una cosa che Dio fa: ama. E lo fa perché è il Dio della mise­ricordia ed è felice quando l’uomo torna da lui.

Papa Francesco lo ha sottolineato ieri mat­tina nell’omelia della Messa a Santa Mar­ta prendendo spunto dal Libro del profe­ta Osea. Il Signore che ci invita alla conversione ha in se una nostalgia amorevole egli che Pa­dre dice al figlio «torna, è ora di tornare».

Cuore di Padre, «Dio – ha precisato Bergo­glio – non si stanca». E non si è stancato per tanti secoli, nonostante la «tanta aposta­sia del popolo». E ritorna, «perché il no­stro Dio è un Dio che aspetta». Dal tempo del Paradiso terrestre, «Adamo è uscito dal Paradiso con una pena e anche una pro­messa. E lui è fedele, il Signore è fedele al­la sua promessa, perché non può rinnegare se stesso». Così «ha aspettato tutti noi, lun­go la storia». Esemplificando ulteriormente, il Papa ri­corre al Vangelo di Luca, alla Parabola del figliol prodigo, a quel padre in attesa, tut­ti i giorni sul terrazzo a guardare se il figlio tornava. E quando giunge il momento delritorno, quando il padre vede il figlio, «é andato in fretta» e gli si è gettato al collo. E quel figlio, che aveva preparato delle pa­role per il padre, non può parlare invece, il padre glielo impedisce, «con l’abbraccio gli tappò la bocca».

Dunque, ribadisce Francesco, «questo è il nostro Padre, il Dio che ci aspetta. Sem­pre ». E anche se l’uomo ha tanti peccati deve provare a tornare dal padre. Perché «è il Dio che ci aspetta» e anche «il Dio che perdona». E allora, incalza il Papa, «è il Dio della misericordia» che «non si stanca di perdonare. Al contrario di noi «che ci stan­chiamo di chiedere il perdono», Lui «non si stanca». Settanta volte sette, sempre, «a­vanti con il perdono – rimarca Bergoglio – . E dal punto di vista di un’azienda, il bi­lancio è negativo. Lui perde sempre, per­de nel bilancio delle cose, ma vince nell’a­more ». E questo accade perché «è il primo che compie il comandamento dell’amore», perché «lui ama», non sa fare altra cosa. Anche i miracoli che Gesù faceva ogni gior­no sugli ammalati, ha proseguito il Ponte­fice, erano «un segno del grande miraco­lo che ogni giorno il Signore fa con noi, quando abbiamo il coraggio di alzarci ed andare da Lui». Quando accade ciò è una festa, ma non quella del banchetto del­l’uomo ricco che sulla porta aveva il povero Lazzaro, bensì Dio «fa un altro banchetto, come il padre del figliol prodigo».

Allora, ha ricordato Francesco, «’Poiché tu fiorirai come un giglio’, è la promessa, ‘Ti farò festa’. ‘Si spanderanno i tuoi germo­gli e avrai la bellezza dell’olivo e la fragranza del Libano’. La vita di ogni persona, di o­gni uomo, ogni donna, che ha il coraggio di avvicinarsi al Signore, troverà la gioia della festa di Dio. Così – ha concluso il Pa­pa –, che questa parola ci aiuti a pensare al nostro Padre, Padre che ci aspetta sem­pre, che ci perdona sempre e che fa festa quando noi torniamo».

(dal quotidiano Avvenire)