Il gesto ha aperto le «24 ore per il Signore»

MATTEO LIUT
Nella grande «festa del perdono» parti­ta ieri sera dalla Basilica di San Pietro è stato papa Francesco il primo dei fe­deli a recarsi al confessionale per ricevere l’as­soluzione. Con questo fuori programma Ber­goglio ha voluto testimoniare in prima perso­na il fatto che tutti hanno bisogno della mise­ricordia e del perdono di Dio. D’altra parte e­gli stesso lo aveva ricordato pochi minuti pri­ma nell’omelia del rito penitenziale che ha pre­sieduto in San Pietro per l’apertura dall’ini­ziativa «24 ore per il Signore», promossa dal Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione con l’adesione di nu­merose diocesi nel mondo. «Convertirsi non è questione di un momento o di un periodo del­l’anno – aveva notato il Pontefice –, è impegno che dura tutta la vita. Chi tra di noi può pre­sumere di non essere peccatore? Nessuno». E così, terminata la breve riflessione, con al col­lo la stola viola sopra una semplice cotta bian­ca, Bergoglio si è diretto al confessionale, in­ginocchiandosi davanti a un confessore. Le te­lecamere hanno offerto a tutto il mondo le straordinarie immagini di un Pontefice inten­to ad affidare alla misericordia e all’amore di Dio i propri peccati. Le immagini del Centro televisivo vaticano, quindi, hanno continuato a mostrare cardinali, vescovi, sacerdoti e fe­deli in ginocchio davanti ai confessori. Anche Bergoglio, inoltre, si è recato in un confessio­nale per offrire quella stessa esperienza di con­versione e di vita rinnovata ad alcuni fedeli.

E proprio di conversione, di vita rinnovata, di amore ha parlato Francesco nella sua omelia. «Nel periodo della Quaresima la Chiesa, a no­me di Dio, rinnova l’appello alla conversione», ha detto il Papa. Appello che rappresenta una vera e propria «chiamata a cambiare vita». In particolare, ha aggiunto, chi si converte farà e­sperienza di certo di due elementi essenziali per la vita cristiana: l’essere «rivestiti dell’uo­mo nuovo» e il «rimanere nell’amore».

La vita nuova che si può trovare in Cristo, ha sottolineato il Pontefice, «permette di guarda­re alla realtà con occhi diversi, senza più esse­re distratti dalle cose che non contano e non possono durare a lungo. Per questo – ha ag­giunto Francesco – siamo chiamati ad abban­donare i comportamenti del peccato e fissare lo sguardo sull’essenziale della vita». Dal cuo­re dell’uomo rinnovato secondo Dio, ha affer­mato ancora il Pontefice indicando alcuni ef­fetti concreti della conversione, «provengono i comportamenti buoni: parlare sempre con verità ed evitare ogni menzogna; non rubare, ma piuttosto condividere quanto si possiede con gli altri, specialmente con chi è nel biso­gno; non cedere all’ira, al rancore e alla ven­detta, ma essere miti, magnanimi e pronti al perdono; non cadere nella maldicenza che ro­vina la buona fama delle persone, ma guarda­re maggiormente al lato positivo di ognuno». L’amore di Gesù Cristo, ha poi continuato, «du­ra per sempre perché è la vita stessa di Dio. Questo amore vince il peccato e dona la forza di rialzarsi e ricominciare». Dio, infatti, è un padre che «non si stanca mai di amare e i suoi occhi non si appesantiscono nel guardare la strada di casa, per vedere se il figlio che se n’è andato e si è perduto fa ritorno». È un padre che ci aspetta e «non ci rimprovera» ma «fa fe­sta ». Dio, poi, «non solo è all’origine dell’amo­re, ma in Gesù Cristo ci chiama ad imitare il suo stesso modo di amare». «Nella misura in cui i cristiani vivono questo amore, diventano nel mondo discepoli credibili di Cristo», ha nota­to Bergoglio. Ecco quindi il messaggio da por­tare a tutti: «Chi sperimenta la misericordia di­vina, è spinto a farsi artefice di misericordia tra gli ultimi e i poveri».