IL brano del Vangelo di Matteo offre un’immagine del giudizio universale che suscita entusiasmo: Cristo tornerà nella gloria con tutti i suoi angeli. Dalla scena che si apre ai nostri occhi risalta immediatamente un particolare: Cristo è paragonato non a un giudice simile a quelli umani, ma a un pastore. Egli compirà una divisione tra pecore e capri, tra buoni e cattivi. Il suo giudizio non sarà altro che un riconoscere il comportamento di ogni uomo nei confronti del fratello. È l’uomo, quindi, che si condanna o si salva a seconda della sua attenzione verso i piccoli, gli indifesi, i bisognosi, nei quali riconosce il volto di Cristo. È nelle sua mani la propria salvezza. Nel giudizio, Cristo non fa altro che rendere evidente la scelta di vita dell’uomo: se vissuta all’insegna dell’egoismo e chiusa in se stessa, o se aperta e donata agli altri. Anche il profeta Ezechiele (I Lettura) si riferisce al tema del giudizio, utilizzando la metafora del pastore che non cessa di cercare le pecore e di averne cura. L’apostolo Paolo (II Lettura) nella prima lettera ai Corinzi individua nella risurrezione di Cristo l’inizio della nuova era, nella quale ogni cosa sarà sottomessa al Signore.
«Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto…».
Tratto dal foglietto “La Domenica” del 23 novembre 2014